Serenità e serietà nell’affrontare la morte

Messa cattedrale per i defuntiDIOCESI – Serenità e serietà. Sono i due atteggiamenti richiamati da Mons. Alberto Tanasini nella celebrazione eucaristica presieduta in Cattedrale il 2 novembre, giorno di commemorazione di tutti i fedeli defunti. “La morte non è il destino ultimo dell’uomo – ha spiegato il vescovo – La morte è il passaggio a quella vita, motivo di serenità e di speranza.” Al tempo stesso, però, il vescovo ha richiamato anche il senso della serietà della morte. “La morte va guardata seriamente, non con superficialità”.

OMELIA INTEGRALE DEL VESCOVO PRONUNCIATA IN OCCASIONE DELLA COMMEMORAZIONE DEFUNTI IN CATTEDRALE

Siamo al cuore della grande intercessione per i nostri fedeli defunti, per tutti i nostri cari. Sempre siamo invitati a pregare per i nostri morti, ma la Chiesa dedica un giorno perché tutte le nostre voci si uniscano in questa grande intercessione e al cuore sta la celebrazione dell’Eucaristia. Sapendo che sarebbe del tutto insufficiente la nostra preghiera, se non fosse unita a quella del Cristo, se non fosse rinnovata l’offerta di quel sacrificio che, meritandoci la salvezza, continua ad essere per noi fonte di vita, per noi, che siamo sulla terra, ma anche per i nostri morti, per coloro che attendono di entrare nella gloria perfetta del cielo. Hanno bisogno dei meriti della Signore, delle preghiere della Vergine, dell’intercessione dei Santi e della nostra intercessione, i nostri morti. Vorrei che ricordassimo questa grande carità e che non venisse mai meno il suffragio per i defunti. C’è questa tradizione bella, nella Chiesa, di fare celebrare l’Eucaristia per i defunti. Una tradizione antichissima che porta le sue radici dall’inizio, nella consapevolezza, appunto, che i meriti del Signore sono quelli davvero efficaci per portare alla vita eterna, nella pace. Questo nostro sguardo, che fonda la sua certezza sulla risurrezione del Signore, che dando la sua vita per noi ci ha riscatta dalla morte, mi porta ad invitarvi ad un doppio atteggiamento nei confronti della morte. Il primo atteggiamento è quello della serenità. Abbiamo ascoltato la parola di Dio. Ci porta direttamente a questo atto della nostra anima. Guardare la morte serenamente. Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio. Pensiamole queste mani che custodiscono, che afferrano per sé, che proteggono fino a portare nel seno del Padre le anime dei giusti. Poi abbiamo sentito la grande visione dell’Apocalisse, con la promessa che ogni lacrima sarà asciugata e la morte scomparirà. Sarà il tempo della Gerusalemme del cielo, il tempo in cui la promessa si realizza. Dunque la morte non ha l’ultima parola, se scomparirà alla morte. La morte non è il destino ultimo dell’uomo. La morte è il passaggio a quella vita, motivo di serenità e di speranza. Infine abbiamo ascoltato il Vangelo delle beatitudini. Abbiamo riletto il Vangelo che ieri abbiamo ascoltato nella festa dei Santi e in questo modo ci è stato detto che i nostri morti sono chiamati alla beatitudine. Sono in stato di purificazione, ma è certo che loro sono destinati sono ormai sulla soglia della beatitudine e quindi, mentre vivono la purificazione, hanno già in sé il seme della beatitudine. Nello stesso tempo ci è stato detto che tutto questo è vero perché portano in sé quel seme che è proprio dei Santi: la mitezza, la purezza, la povertà di spirito, la fame e sete di giustizia. Se non fosse stato così, se non fosse stato così nella loro vita, noi non potremmo dirli giusti nelle mani di Dio, ormai senza lacrime, perché tutti tesi alla gioia. Dunque una visione serena, uno sguardo sereno, pieno di speranza verso la morte. Ma nello stesso tempo credo di dover richiamare anche il senso della serietà della morte. La morte va guardata seriamente, non con superficialità. Abbiamo ascoltato, allora, che sono stati provati come oro nel crogiuolo, i giusti che sono nelle mani di Dio e che c’è una prova da affrontare e da superare. Che l’impegno è quello di assumere la personalità cristiana, quella che le beatitudini hanno delineato, e, quindi, andare verso la morte, e affrontare un momento decisivo della vita. Non il momento finale, ma quello decisivo. Quello in cui si compie tutto. Abbiamo sentito anche la parola giudizio. Serietà non vuole dire né tristezza, né cupezza, né terrore, ma serietà. Perché insisto su questo aspetto. Perché mi sembra che stia venendo un po’ meno la serietà di sguardo sulla morte, sulla sua decisività. Ormai le notizie di ogni giorno ci parlano di morti, di tentativo di risolvere i problemi dando la morte e quasi c’è il rischio che ci assuefacciamo a questo. Lo sentiamo non più con quella reazione che dovrebbe portare il guardare alla morte data in questo modo. Eppoi mi sembra anche che si sia tentati di parlare della morte scherzandoci sopra. Ormai è venuta questa abitudine. Mi domando perché. Forse è un modo per esorcizzare la morte? E’ un modo per pensare che allora possiamo parlarne così con leggerezza? No la morte è una cosa seria. Tanto seria quanto è seria la vita, quanto è serio l’esito della vita. Ecco allora nella serenità dello sguardo, nella luce della speranza, nel non essere terrorizzati dalla nostra morte, nel non volerla sfuggire quasi dimenticandola e fuggendola, pensiamo con serietà a questo momento. Ed è proprio questo il motivo più grande per cui questa sera noi preghiamo per i nostri morti: perché entrino nella gioia senza fine senza termine! Vi sembra una cosa da poco?

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